LAND ROVER DEFENDER EXPEDITION
Guidare una Defender è una esperienza molto particolare. Tralasciando il fatto che si è al volante di una icona delle automobili per la marcia in fuoristrada, va detto che lo stile di guida è completamente diverso da quello a cui – ormai – si è abituati. Il totale controllo della dinamica di marcia oggi delegato al computer, (vale anche per tutte le Land Rover, dalla Range alla piccola Evoque), ha fatto dimenticare la “fisicità” della guida, intesa come balance tra forza e sensibillità, delicatezza ed energico controllo ed azionamento di volante, cambio, freni ed acceleratore.
E se l’elettronica ha semplificato il condurre l’automobile, arredamenti lussuosi e finiture di pregio regalano oggi viaggi di grande confort. Al contrario a bordo della Land Rover Defender l’abitacolo, sì confortevole ma spartano, accompagna il viaggio trasmettendo ogni aspetto della tecnica della vettura e del fondo stradale a chi si avventura in viaggio.
La posizione di guida alta ma disassata, il volante con un angolo “camionale”, il cambio con una lunga ed alta leva di azionamento, il parabrezza piatto, il sedile con poca escursione longitudinale e neanche regolabile in altezza, sono dettagli che contribuiscono a far sentire la marcia in un modo, per alcuni molto viziati, sconosciuto. Ma è questo il fascino della Defender. E’ questo salto nel tempo l’essenza e l’emozione di guidare una Defender.
Forza e sensibilità sono requisiti fondamentali: non aspettatevi l’azionamento del cambio di una city car, nemmeno un volante che con due dita consenta un’inversione di marcia. Le mani devono stringere la corona delle sterzo ma devono allo stesso tempo conservare quella delicatezza di tocco per indirizzare le ruote lì dove volete, tanto in autostrada quanto (anzi ancor di più) nella marcia in fuoristrada. Il passaggio di marcia ha bisogno di una spinta energica, tanto a salire quanto a scendere, ma la precisione degli innesti obbliga a movimenti di altrettanta delicatezza. Un po’ come pilotare un piccolo aereo da acrobazia: mentre i “G” vi spingono da una parte o dall’altra, le mani devono muovere la cloche con estrema delicatezza, pena un avvitamento disastroso. E così è al volante della Defender: mentre la dinamica di marcia vi sballottola ovunque le mani devono agire con movimenti micrometrici e delicati per girare lo sterzo e azionare il cambio. Con grande sincronia di piedi e pedali. Descriverlo è più difficile che farlo. Almeno per chi ha guidato, anche, automobili che di elettronico a bordo avevano solo il “mangianastri”.
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