E’ piatta da morire (ma l’avrei voluta ancora più assettata proprio in funzione di quello che il motore può dare) la metti in curva che sembra un’ago che si infila con decisione nella stoffa. Esce di potenza. E’ esaltante. Sei dentro, schiacci. Fischiano le gomme e senti l’elastico della fionda che ti proietta in avanti. Guardi lo specchietto retrovisore ed allora capisci la differenza. Tra il connubio auto+driver e quello dietro (che diventa sempre
più piccolo nello specchietto) che non s’aspettava tanta brutalità
di reazione da un’automobile così “generalista”.
(di Luca Romano) – D’accordo. Siamo perfettamente d’accordo. Gli avverbi non mi piacciono ma in questo caso la brevità ricercata per esprimere il pensiero, quasi ne impone l’uso. Perfettamente. Per sottolineare quella identità di vedute a proposito del comportamento del nuovo motore D4 che equipaggia tanto la XC60 (leggi) quanto la V60. E pure la V40. Ma questa, con il D4, non l’abbiamo – ancora – guidata.
Due automobili diverse, una più dell’altra espressione di quel “volvismo” a me tanto caro. Anni diversi di progettazione, derivazione di componentistica e di meccanica diverse. XC60 più muscolosa, più Volvo. V60 più agile, più gentile. Forse un po’ meno Volvo. Più trasversale, però. E sul mercato, in crisi, la sfida è quella di costruire un’automobile che sia capace di soddisfare tutti i gusti. Anche quelli meno “radical-svedesi”.
Sfida centrata. Se mi spoglio dell’anima intrisa di volvismo ad oltranza riconosco come la V60 D4 soddisfi appieno tanto le richieste di un’utenza più “generalista” quanto esigenze e desideri di un nuovo volvista. Magari un po’ meno “purista”.
Non nascondo la mia spiccata predilezione per le grandi Volvo. Dalla prima 850 GLT alla CrossCountry ed alla XC90 sono quelle le Volvo che preferisco. Ma questa “piccolina” con il motore con oltre centottanta cavalli ha, come dice “uno”, il suo perché.
E’ scattante, è veloce, è agile. E’ tanto diversa dalla XC60 con lo stesso motore. La middle SUV di Goteborg si esprime bene. Senti però che le dinamiche in gioco offrono sensazioni più “morbide”. Non è un SUV da corsa, stile BMW. E’ un’automobile che deve indurre serenità, sicurezza. Ci porti moglie e figli. E bagagli.
L’altra, invece, la assimili più ad un animale pronto ad imbizzarrirsi. Ha un carattere nervoso, più svelto, da tenere sotto controllo affinchè faccia quello che vuoi tu e non quello che l’anima indomita vorrebbe. Densità stradale, rete viaria al collasso ed agguati delle divise appostate dietro gli autovelox, non consentono distrazioni. Passati i tempi quanto ti potevano beccare a 237 km/h (certificati e pagati) in Appennino tra Bologna e Firenze. Con la T5.
Se la XC60 è “elegante&morbidosa” con carattere da mostrare se affondi il destro, la V60 è l’opposto. Te ne accorgi appena il destro riceve l’impulso giusto. Qui basta il pensiero di pigiare l’acceleretore. V60 esprime la gagliardìa del carattere.Subito, senza rifletterci troppo. E’ così che mi piace. Pronta a scattare. Nervi tesi. E briglia sciolta. Il motore suona in altro modo. Un mix tra il metallo svedese ed un ruggito nella savana. E’ un rumore “cattivo”. Singolare. Nulla a che vedere con altri suoni di pari motori. Questo ha tracce di sport, di rabbia non espressa. E ti esalta. Mi piace questo rumore. E’ ben nascosto dal profilo “understatment” della V60. Ma quando schiacci e lui apre ti fai subito riconoscere. E se sai anche guidare ti diverti. Perché allora la vettura risponde come un’auto da corsa. E’ piatta da morire (ma l’avrei voluta ancora più assettata proprio in funzione di quello che il motore può dare) la metti in curva che sembra un’ago che si infila con decisione nella stoffa. Esce di potenza. E’ esaltante. Sei dentro, schiacci. Fischiano le gomme e senti l’elastico della fionda che ti proietta in avanti. Guardi lo specchietto retrovisore ed allora capisci la differenza. Tra il connubio auto+driver e quello dietro (che diventa sempre più piccolo nello specchietto) che non s’aspettava tanta brutalità di reazione da un’automobile così “generalista”.
Alla dinamica stradale con forte accento alla prestazione si sovrappone, questo sì immutato, il confort e la sicurezza di ogni Volvo.
Se volete un elenco completo dei dispositivi più o meno elettrici ed elettronici progettati e realizzati per garantire la vostra sicurezza durante (e non) la marcia: fatevi una passeggiata online, dove su altri siti dedicati ai motori carenti di creatività e della padronanza della lingua italiana, trovate ampia lista della spesa. Spesso prodotta con la tecnica del copia/incolla. Serviti.
Qui non perdo una battuta per l’elenco. Preferisco concentrarmi su quelle emozioni e quelle sensazioni che V60 D4 ha provocato durante la guida. O nella immobilità del traffico di Roma.
Il posto di guida è confortevole. Punto. Il sedile sostiene bene la schiena, c’è la possibilità di una ampia regolazione con la rotellina del supporto lombare. La seduta è lunga quanto basta per sostenere il femore senza affaticare la caviglia della gamba destra. Questa è una differenza importante rispetto alla XC60. Il SUV, per definizione di progetto privilegiando una visione della strada da un’altezza diversa, propone angoli degli arti che alla lunga possono affaticare il collo del piede. Ed in taluni casi di stanchezza, arrivare a provocare il crampo alla pianta del piede. Ma non è una colpa di Volvo. E’ la combinazione tra tipo di vettura e (conseguente) tipo di sedile di guida. Per quanto tu possa “scendere” in basso con il sedile su di un SUV, quegli angoli caratteristici non variano molto e l’affaticamento è “dietro l’angolo”.
Con V60 questo problema non si pone. Il sedile quando è all’altezza minima propone una posizione di guida “distesa”. Non siete dentro l’abitacolo di una monoposto ma neanche sulla poltrona di casa fuori misura per le vostre dimensioni.
La buona ampiezza di regolazione dello sterzo e l’escursione in senso longitudinale fanno sì che possiate calibrare la posizione di guida al millimetro. Io ci riesco. Sarà l’abitudine.
Tutto, qui sulla plancia, è funzionale al controllo delle briglie del D4. Lo capisci al volo quando sei alla ricerca della prestazione. Quando non puoi perdere tempo a cercare un comando o l’altro. La mano si muove e lo aziona. Punto. E ti accorgi allora non di averci neanche pensato. L’hai fatto. Provate a fare altrettanto su altre vetture premium o meno.
Della plancia c’è solo una cosa che davvero non mi piace. E’ la strumentazione. E’ la replica di quella della V40. Che va benissimo sulla V40. Ma aver fatto copia/incolla su tutti i modelli, questo no. Non mi piace, non riesco a digerirlo. E poi, quelle tre modalità di vista! E’ proprio vero che l’automobile è costruita da “quelli” del marketing. Tutta gente “strana” che di automobili – secondo me – ci capisce poco.
Come certi architetti che disegnano mobili bellissimi, arredano case meravigliose. Poi tanto non li usano loro, non ci vivono loro.
La strumentazione non mi piace, non è “automobilistica”. Sembra la consolle di una piattaforma di gioco. Roba per bambini o per adulti solo all’anagrafe. Gente che si compiace con l’idiozia del giocattolo dentro un’automobile. Appunto: figlia del marketing, quella strumentazione. Poco consona allo status di Volvo. Quello status tradizionalista. Come lo intendo io. Ma sono un purista. Non obbligo alcuno a condividere le mie idee. Se non vi piacciono… be’ frequentate altra gente, altri siti. Più allineati con il pensiero comune. E non solo con il pensiero, anche con i soldoni di chi li paga.