208 GTi. LORO, I FRANCESI, L’HANNO CELEBRATA IN TUTTI I MODI, ANCHE CON UNA VERSIONE SPECIALE, LA 30th. ED HANNO FATTO BENE PERCHÈ LA 208 GTi È LA BERLINETTA SPORTIVA PER DEFINIZIONE: LA DIVINA AUTOMOBILE, COME SUGGERISCE LA FOTO DI APERTURA DELLA PAGINA
di Luca Romano – Di solito si inizia una favola con “C’era una volta…” ma in questo caso, un articolo automotive, non è carino. Neanche il “Ai miei tempi” lo trovo appropriato. Però la Divina Automobile meriterebbe entrambe le aperture. Una favola perché la storia della Peugeot GTi, nelle due, tre, versioni che hanno segnato gli ultimi trent’anni della casa francese, è un avvenimento che nessun’altra automobile di questo tipo ha vissuto. Con buona pace delle concorrenti tedesche e dell’altra francese, quest’ultima completamente snaturata nell’ultima versione con addirittura quattro porte. Sacrilegio.
Il ricordo di gioventù è appropriato perché quando venne presentata la 205 GTi ero poco più che un ragazzino che si avvicinava a quel mondo dorato, ricco di coccole e stravizi, che era il settore di “quelli che scrivevano” di automobili.
Allora, non più come oggi, ricco di balocchi ma anche di firme illustri. Autorevoli professionisti che oltre alla buona conoscenza dell’auto e delle figure che ne erano protagoniste (da Enzo Ferrari a Sergio Pininfarina) avevano altrettanta dimestichezza con la lingua italiana ed i suoi verbi. In tutte le declinazioni, dal presente all’imperfetto, passando per i congiuntivi ed i condizionali.
205Gti era rossa. Prima con il mille-e-sei e poi con il mille-e-nove, ma rigorosamente rossa. In strada si vedevano anche il bianco ed il nero. Se non ricordo male c’era pure il grigio, quello canna di fucile come si definiva, un colore che ebbe successo perché la T16, quella vera, quella con il motore posteriore, venne lanciata proprio di quel colore allora tanto di moda.
Era rossa come la Uno Turbo doveva essere bianca e la 5 blu francese. Tre filosofie diverse che ricordo bene. La Uno Turbo era insopportabile, una palla di cannone con altrettanto frastuono nell’abitacolo. Anche difficile da fermare. La 5 era impressionante in accelerazione ma quanto al resto faceva tremare i polsi, davvero troppo ballerina. La 205, sarà che l’ho guidata di più, era la sintesi di accelerazione, stabilità e frenata: aveva tutto in abbondanza. Certo il passo corto, molto corto, poteva dare qualche emozione di troppo ma era sufficiente avere cervello ed arti collegati e cuore d’atleta.
208 GTi avrei voluto guidarla come allora mi capitava – spesso – di fare con la 205. Ma oggi non si può. Ieri non c’erano i Tutor e gli Autovelox, soprattutto le strade erano più vuote e correre era un rischio calcolato e con un buon margine di sicurezza.
Oggi 208 GTi è più “automobile” e meno berlinetta sportiva, oggi non te la vendono neanche senza gli alzacristalli elettrici. Ieri potevi rinunciare in un mix di risparmio economico e di peso.
Tuttavia il salto della cavalleria dai 130 della 205 GTi duemila ai 208 della 208 GTi (i francesi l’hanno fatto apposta… 208/208) pareggia un po’ il bilancio tra prestazioni ed emozioni.
Un paio di affondi me lo hanno fatto capire. Nulla di più perché il dover scattare le foto e fare la clip mi ha impedito di oltrepassare la soglia di rischio. Oggi sensibilmente più bassa. Non ne vale la pena. Sarà – però – che son passati trentacinque anni?